La nozione di operatore economico secondo la Corte di Giustizia U.E.
Servizi di architettura, ingegneria e altre professioni tecniche – Art. 46 D.lgs 50/2016 Codice dei Contratti Pubblici – Nozione di operatore economico – Direttiva 2014/24/UE – Enti no profit – Fondazioni. Sentenza Corte di Giustizia 11 giugno 2020 C-219/19.
Recentemente la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza dell’11 giugno 2020 è tornata sulla nozione comunitaria di operatore economico con riferimento alla disciplina nazionale italiana relativa agli affidamenti di appalti e servizi nelle professioni tecniche.
La Corte di Giustizia è stata chiamata, in via incidentale dal TAR del Lazio, a pronunciarsi sulla compatibilità o meno dell’art. 46 del D.Lgs 50/2016 rispetto al 14° Considerando della Direttiva 2014/24, per il quale “la nozione di “operatori economici” dovrebbe essere interpretata in senso ampio, in modo da comprendere qualunque persona e/o ente che offre sul mercato la realizzazione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi, a prescindere dalla forma giuridica nel quadro della quale ha scelto di operare. Pertanto imprese, succursali, filiali, partenariati, società cooperative, società a responsabilità limitata, università pubbliche o private e altre forme di enti diverse dalle persone fisiche dovrebbero rientrare nella nozione di operatore economico, indipendentemente dal fatto che siano “persone giuridiche” o meno in ogni circostanza”.
La vicenda contenziosa davanti al TAR del Lazio originava da un diniego che l’ANAC aveva opposto ad una fondazione di diritto privato ex art. 12 Cod. Civ. – Fondazione PARSEC della città di Prato, operativa nel settore degli studi sismici e di geologia –per l’iscrizione al casellario degli operatori economici ex art. 46 D.Lgs 50/2016. Il diniego era stato motivato sul presupposto che il Codice di Contratti, tra gli operatori abilitati a partecipare alle gare di appalto in materia di professioni tecniche come elencati al citato art. 46, escluderebbe i soggetti giuridici non aventi scopo di lucro.
L’impatto di tale disciplina nazionale nell’ambito del settore degli affidamenti di lavori e servizi di carattere tecnico sarebbe stato rilevantissimo, si pensi ad esempio all’impossibilità per le Università – pur dotate di una indubbia capacità tecnica e professionale – di partecipare alle gare ed agli appalti in materia di progettazione ingegneristica, soltanto perché si tratterebbe di enti organizzati in forma “non societaria”.
Nel caso di specie, la Fondazione PARSEC è un ente partecipato dal Comune di Prato, attivo da oltre 50 anni nel settore degli studi geologici il quale, nonostante l’elevata specializzazione, non avrebbe potuto partecipare alle gare pubbliche per l’affidamento, ad esempio, delle attività di monitoraggio e di rilevamento sismico, privando le stazioni appaltanti della possibilità di avvalersi della professionalità della Fondazione.
Tale divieto è stato ritenuto dalla Corte di Giustizia incompatibile con la disciplina pro concorrenziale della “direttiva appalti” 2014/24/UE ed in particolare con il 14° considerando e con gli articoli 19 e 80 di essa.
Le argomentazioni della Corte non hanno bisogno di ulteriori spiegazioni:
“il diritto nazionale non può vietare ad una fondazione senza scopo di lucro, che è abilitata ad offrire taluni servizi sul mercato nazionale, di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi.
Questa interpretazione non può essere rimessa in discussione per il motivo, evocato dal giudice del rinvio nella domanda di pronuncia pregiudiziale e ripreso dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, secondo cui la definizione restrittiva della nozione di «operatore economico» di cui all’articolo 46 del codice dei contratti pubblici nel contesto di servizi connessi all’architettura e all’ingegneria sarebbe giustificata dall’elevata professionalità richiesta per garantire la qualità di tali servizi nonché da un’asserita presunzione secondo cui i soggetti che erogano tali servizi in via continuativa, a titolo professionale e remunerato, siano maggiormente affidabili per la continuità della pratica e dell’aggiornamento professionale. (…)
Per quanto riguarda la «presunzione» secondo cui i soggetti che erogano servizi connessi all’architettura e all’ingegneria in via continuativa, a titolo professionale e remunerato, siano maggiormente affidabili per la continuità della pratica e dell’aggiornamento professionale, è sufficiente rilevare che una simile presunzione non può essere accolta nel diritto dell’Unione, essendo quest’ultima incompatibile con la giurisprudenza della Corte, esposta al punto 20 della presente sentenza, dalla quale deriva che, qualora un ente sia abilitato in forza del diritto nazionale a offrire sul mercato servizi di ingegneria e di architettura nello Stato membro interessato, esso non può vedersi negato il diritto di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico avente ad oggetto la prestazione degli stessi servizi.”
In altre parole ed in conclusione, quando un operatore economico è titolare dei requisiti oggettivi richiesti da un determinato bando di gara (capacita tecnica, professionale ed economico/finanziaria), non può essergli impedita la partecipazione ad una procedura di appalto soltanto perché tale operatore mancherebbe di una determinata “veste giuridica” di carattere formale.
La nozione di operatore economico non può dunque trovare ingiustificati limiti “soggettivi” all’interno degli ordinamenti nazionali, pena l’illegittimità di essa per contrasto con le fonti comunitarie sovraordinate prima tra tutte la direttiva 2014/24/UE.
Dopo aver già chiarito tale principio di liberalizzazione riguardo alla nozione generale di operatore economico (sentenza Conisma 23.12.2009 Causa C-305/08), oggi la Corte di Giustizia l’ha dunque ribadito con riferimento al settore particolare degli appalti di servizi tecnici (sentenza Fondazione PARSEC 11.06.2020 Causa C-2019/19).
Si precisa che siccome le sentenze della Corte di Giustizia sono self excecutive, ossia hanno efficacia diretta ed immediata negli ordinamenti interni al pari delle Direttive e dei Regolamenti, esse prevalgono sulle norme nazionali difformi. Quindi sino dall’immediato i giudici, le amministrazioni e le stazioni appaltanti sono tenute ad applicare erga omnes i principi espressi dalla sentenza dell’11 giugno 2020.
Autore: Avv. Andrea Pontenani